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Non c'è peggior capo di chi non vuol sentire

  • Immagine del redattore: Elvis Informatico
    Elvis Informatico
  • 24 feb
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 25 feb

Corsi di leadership come se piovesse al giorno d’oggi, spiattellati ovunque sui social e nel mondo del lavoro, capacità di delega, capacità di ascolto, problem solving. Parole da hashtag per ribadire ancora una volta cosa significhi oggi essere un leader, ma quanti “capi” sono davvero capaci? Soprattutto, su quale base bisogna valutare la qualità e la validità di un capo? Nella mia normalissima carriera ne ho avuti un bel po’, forse la “qualità” più ricorrente che ho trovato è l’ottusità, la scarsa qualità nell’ascolto. Questo paragrafo (anticipazione del libro che sto scrivendo) è un po’ uno sfogo, non sono certo un santo e non sono il migliore né il peggiore, ma è il mio paragrafo ed oggi me la voglio cantare e suonare, fatene pure l’uso che preferite. Torniamo all’ottusità, l’opposto dell’ascolto. Ascoltare è un processo attivo, bisogna farlo con concentrazione, umiltà, disponibilità, mettendosi al servizio del nostro interlocutore, ma è un concetto sopraffino che non tutti riescono a cogliere. Forse la capacità d’ascolto è la più importante per un leader, a tutti i livelli: ascoltare, capire, fornire feedback ragionati, consapevoli. Ho passato circa due anni a far presente ad un mio responsabile alcuni limiti tecnici ed obsolescenze di un importante progetto, con un fornitore di grido che cavalcava questa onda di scarsezza tecnica del mio capo. Ma le risposte di quest’ultimo al sottoscritto erano perlopiù “politiche”, faceva finta di recepire, ma bisogna essere dei bravi attori, dei veri artisti, per riuscire a prendere così bene in giro, e il tipo in questione era pessimo. Nella mia modesta carriera ho imparato che quanto più si sale, perlomeno in Italia, più si diventa dei politici, si diviene evanescenti. Il mantra è schivare, schivare e schivare senza un domani. Schivare l’ufficialità dei propri errori, far passare una propria mancanza per un falso positivo, un falso allarme, per una bugia, spostare l’attenzione su altro con un bel “aggiornami su questo piuttosto”, fingendo interesse mentre si cestina con classe l’osservazione principale. Per non parlare della capacità di delega, credo che quest’ultima qualità sia conseguenza diretta del saper ascoltare. Se ascolti dai fiducia, se ascolti ti fidi e la gente si fiderà di te, cosa c’è di più importante della fiducia nel lavoro degli uomini? Fidarsi del proprio compagno di squadra, fidarsi del capo che si fida di noi, fidarsi è lasciarsi un po’ andare, lavarsi dai preconcetti e dai pregiudizi, pulire la propria mente da tutto ciò e mettersi a disposizione dell’altra persona. Sono poche le persone che hanno questa cultura nel nostro paese, e generalmente, più le aziende sono grandi e più è diffusa questa pessima italianità, questo modo conservatore di procedere, questa resistenza all’apertura ed al cambiamento. Sicché, progetti da milioni di euro finiscono incastonati in servizi e tecnicismi vecchi, mischiati a frasi di grido come “outsourcing” e “cloud”, per non parlare dell’AI. Ok, mi piace pure il termine Cloud, esternalizziamo, è giusto, è moderno, ma non senza un collegamento adeguato, non utilizzando una vecchia VPN tra cliente e cloud provider, così facciamo peggio che se decidessimo di restare on-premise. Ma a certi livelli decisionali è davvero difficile la vita, e di questo ho dovuto darne atto a certi miei responsabili: presi da mille riunioni e sollecitazioni, sottoposti a pressioni inverosimili per un mucchio di quattrini, non è facile portare avanti la baracca quando il livello sale. E quindi? Come ti comporti se stai salendo sempre più in alto sulla piramide? Da lassù è sempre più difficile guardare giù, ma tu sei lì a garanzia che tutto stia funzionando per il meglio, anche ai piani più bassi, dove ormai non vedi più nulla data l’altitudine, ma è proprio su quelle fondamenta che si regge quella piramide. Ed ecco che torniamo alla capacità di delega, se deleghi fidandoti allora controlli, se non deleghi e non ti fidi di nessun altro che te, allora ben presto affonderai con tutta la nave. Ci sono capi che credono nei finti giusti, quelli che daranno loro sempre ragione, dei galoppini al loro servizio H24 7/7, che difficilmente li correggeranno e difficilmente li guideranno, semmai affonderanno con gli stessi capi in nome di una finta fedeltà, essere fedeli ad una persona vuol dire non abbandonarla nei momenti difficili, ma attenzione, perché per “non abbandonare” si intende la capacità quasi di subentrare nella guida. Mentre il nostro capo è barcollante e perde lucidità, noi dobbiamo saperlo guidare e lui deve farsi guidare, concetti neanche troppo sottili, ma molto difficili da digerire in questa Italia digitale, ma ancora troppo “italiana”.



 
 
 

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