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Pandemie & Globalizzazione nel 2020

  • Immagine del redattore: Elvis Informatico
    Elvis Informatico
  • 20 mar 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

È praticamente impossibile non parlarne, visto che tutto il pianeta per una volta è colpito dallo stesso male, senza più distinzioni tra terzo mondo ed occidente. Oggi, non guardiamo più con distacco ed una certa leggerezza alle notizie di epidemie e catastrofi che provengono dall'altra parte del mondo, oggi siamo tutti sulla stessa barca, siamo noi a ricevere gli sms da due euro, siamo noi quelli nelle foto con sotto scritto l'IBAN. Siamo increduli, noi occidentali, ricchi ed immersi nel confort delle nostre vite, non pensavamo davvero di ritrovarci costretti a distare un paio di metri l'uno dall'altro, a fare file chilometriche per fare semplicemente la spesa, mentre dalla tv arrivano notizie sempre più preoccupanti sui livelli di contagio e sul numero delle vittime, mentre i mass-media instillano panico nelle nostre menti raccontando numeri a modo loro. Ora, la mente corre, la storia non ci insegna mai abbastanza e siamo i primi a citarla quando si verificano tragedie simili, a cercare sempre i precedenti, sperando di trovare dati rassicuranti, che possano addolcire la pillola, ed effettivamente ne avremmo davvero di motivi per stare più tranquilli... Basta farsi qualche domanda: e se tutto questo non accadesse oggi? Se non fossimo nel 2020? Se invece fossimo nel Medioevo? Se non avessimo telefoni, anzi, smartphone per chiamarci, videochiamarci, messaggiarci, condividere informazioni, valutare tempi d'arrivo, comprare provviste online senza muovere un dito? Se non avessimo mascherine e disinfettanti a proteggerci? Se non avessimo tutta questa tecnologia e tutto questo agio, adesso conteremmo molti più morti, non avremmo visibilità né stime sul futuro, non potremmo lavorare da casa (o almeno alcune categorie), non potremmo sentire i nostri cari, vederli, assisterli da lontano, aggiornarli costantemente, saremmo soltanto vittime inermi, in balia del destino, con i sopravvissuti a reinventarsi vita e mestiere, senza chiedersi del futuro, ma soltanto vivendo il presente, l'unico tempo in cui esistiamo davvero.



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